Chiusura in bellezza

Il libro delle illusioniE così, siamo arrivati anche a Pasqua. Tantissimi auguri a voi e ai vostri cari da parte mia e di Federica Castellini. Per una settimana, MacAdemia va in vacanza ma non temete: vi lascio con qualche piccola consegna. Per i partecipanti al Corso Avanzato, l’impegno è quello di dedicarsi alla lettura de Il libro delle illusioni di Paul Auster. Un testo molto interessante – sotto tanti punti di vista – che potrebbe anche costituire l’oggetto di uno dei Seminari del prossimo anno. Per tutti, invece, c’è la seconda parte del racconto di Emanuela Fontana, da commentare con le solite regole. Buona lettura. In tutti i sensi.

Lei era bellissima, di Emanuela Fontana – Parte Seconda

Poi, quella sera, accadde.
Come nei sogni meglio riusciti, ero arrivato al punto più sconsolato della mia disperazione e già pensavo che non l’avrei più rivista. Quanto strana e cupa sarebbe stata la vita senza di lei, quasi non riuscivo ad immaginarla.
Ero triste, domani sarei dovuto partire. Era la sera dell’addio e il guizzo d’eccitazione che mi stringeva lo stomaco quando la guardavo si stava rassegnando a diventare rimpianto e salire a stringere la gola cambiandosi in lacrime furtive.
Lei era lì, sempre bella da togliere il fiato. Qualcuno prima di me aveva cercato d’accattivarsela, ma senza successo. Io aspettavo il mio turno in silenzio, ben determinato a non farmi passare nessuno davanti. Godevo guardando i tentativi degli altri fallire: se non potevo averla io, che non l’avesse nessun altro!
Il mio turno arrivò che ero quasi in trance.
Frugai la tasca e presi la moneta, rivolgendo al mio Dio una preghiera: “E’ l’ultima sera. La devo avere. Tu devi aiutarmi. Poi non ti chiederò più niente ma fa che stasera sia mia”. E Dio, quello strano Dio inconsistente mi ascoltò.
La mia mano era ferma e guidava l’artiglio. Col fiato sospeso lo spostai sopra di lei, sopra la sua schiena bianca e vellutata e premetti il pulsante. L’artiglio scese, si aprì e si chiuse intorno ai suoi fianchi.
La mira era stata perfetta, la posizione impeccabile, doveva solo tenerla stretta fino in fondo.
Quando l’artiglio cominciò ad alzarla guardavo la scena distaccato, come se fossi finito in un film rimanendo ad un tempo spettatore.
Proprio a metà strada cominciò ad ondeggiare. Sentii le mie unghie premere dolorosamente il palmo della mano, ma fu solo un attimo. Lei cadde esattamente nel buco e mia sorella, urlando di gioia, aprì lo sportellone e me la spinse fra le braccia. Tutti, intorno, dicevano “Bravo, bravo, complimenti” e qualcuno mi strinse una spalla scuotendola amichevolmente in segno di approvazione.
Era l’ultima sera ed ero lì, tutto rosso dall’incredulità e dalla gioia. La stringevo così forte che sembrava impossibile poterla sciogliere dal mio abbraccio. Mia sorella saltellava tutt’intorno gridando eccitata: “Evviva, evviva, ma ti rendi conto, proprio l’ultimo giorno, ma ti rendi conto?” e con la piccola mano abbronzata le accarezzava la testa, delicata e affettuosa.

Adesso, la manina grassottella che l’accarezza è quella di mia figlia, ed io sono qui immobile che spio dalla soglia il suo abbracciarla felice, le gambette strette intorno ai fianchi bianchi che la spronano a cavalcare nella giungla, sui monti, perfino sotto al mare.
Sorrido ancora, fra me, al ricordo della gioia che inondava il mio cuore di bambino in quella rumorosa sala giochi del lungomare, quando per la prima volta avevo potuto accarezzarla e stringerla forte fra le braccia, così come fa ora mia figlia.
Avevo nove anni e lei, la mia grande tigre bianca, era stata la prima porta, il primo squarcio che s’era aperto per me su quel mondo intenso, insidioso e disperatamente necessario che chiamiamo Desiderio.

8 thoughts on “Chiusura in bellezza”

  1. Ritmo serrato e piacevole, brava Ema! Un po’ ridondante e forse un tantino ossessivo, ma piacevole. Purtroppo però alla fine io provato un senso di “delusione” perché mi sono sentita ingannata come lettrice. La voce del racconto non è quella di un bambino ma di un adulto che, se uomo,- credo come Adriano che un uomo non parli così – è ossessionato dal desiderio di una donna. Scoprire invece che l’io narrante è un adulto che parla di sé bambino che desidera una tigre delude il lettore perché è stato fuorviato. Sono d’accordo con Felicia che descrizioni così sensuali,accese e zeppe di desiderio carnale, che mi auguro non appartengano a un bambino,possano presagire solo un incontro sessuale. Essendo sbagliata la voce, a mio parere, il gioco con il lettore non sussiste più e il finale delude anziché sorprendere. Rileggendo il racconto e quindi sapendo già che siamo di fronte a una tigre desiderata da un bambino, se ne ha la netta sensazione perché i pensieri che l’io narrante esprime non sono adeguati alla sua età e molti sono incongruenti con l’oggetto del desiderio.
    Il fatto si poteva raccontare in due modi:
    il protagonista racconta l’avvenimento come il proprio ricordo di bambino mettendoci i pensieri e le emozioni provate tipiche del sé bambino. Es : Quando ero piccolo.. oppure avevo 12 anni.. ecc…
    Oppure l’adulto parla della gioia che provò una volta quando finalmente riuscì a vincere una tigre, parlandone come un adulto parla di bambini.
    Comunque sia non ne parlerà mai come un oggetto di desiderio così sfrenato e sensuale.
    Ultima osservazione: più che di gioia qui si parla di desiderio ossessivo, la gioia è il coronamento di tale desiderio, ma risalta meno.

  2. Emanuela, credo di non aver colto il senso del racconto. Potresti spiegarmi per favore che cosa intendevi dire? Essendo l’oggetto del desiderio un semplice pezzo di stoffa, dovrebbe richiedere maggior spazio in cui assumere il ruolo della “tigre bianca”, dato che nell’immaginario del lettore era già diventato una donna sensuale! “Poi, quella sera, accadde…”Pensai: “Evviva, segue una pagina erotica!” E invece, subbentra la bambina e, onestamente, l’immagine di lei che cavalca la tigre è troppo vicina al pensiero di un incontro sessuale da darmi il tempo di abituarmi all’idea di una bambina con il suo peluche. La parte finale spiazza un po’ secondo me, come se si distaccasse dal resto del racconto. È bello il messaggio, ma i riferimenti precedenti rimandano ad un oggetto di forte desiderio carnale.
    “Strana e cupa la vita senza di lei”, “sera dell’addio”, “lacrime furtive”, per non parlare della prima parte. Secondo me potevano venir fuori due bellissimi racconti sulla gioia! Il primo, con una conclusione “di soddisfazione” dell’uomo e della sua attesa, il secondo con un’ampia descrizione sul significato che il peluche ha per il protagonista, significato che rivive attraverso gli occhi della figlia. Mio personalissimo e, forse totalmente errato parere da lettore! Non me ne volere, personalmente amo molto il tuo modo di scrivere!

    Felicia

  3. Interessanti osservazioni. Passerò al setaccio il testo togliendo gli elementi che possono far pensare al lettore di trovarsi davanti a un desiderio di tipo sessuale, cosa che non volevo. L’intenzione era senz’altro quella di giocare sull’equivoco, ma volevo porre l’accento sulla forza soffocante e totalizzante del desiderio senza dargli una valenza sessuale.
    Grazie mille dei suggerimenti/impressioni/commenti e buona Pasqua!

  4. Tenendo presente che il personaggio è un adulto che parla di un ricordo di quando era bambino. Non credo che in questo caso si debba scegliere di calarsi in una mente infantile (o nell’idea che possiamo avere di essa). I ricordi sono per forza esperienze filtrate da una sensibilità modificata da vari fattori: età, esperienze successive ecc. Certo, se la sensazione del lettore è quella di una fastidiosa confusione, lo scopo non è raggiunto. 🙂

  5. Prima di tutto Buona Pasqua a Tutti.
    Ho letto e riletto il tuo racconto Emanuela e devo dire che mi ritrovo nei commenti sia di Felicia che di Alessandra.
    Scusami per il primo mio commento forse troppo colorito.
    Ma vedi, la prima parte che io “preferisco” e’ bella carica e fa ribollire e questo non e’ male. secondo me la tua idea e’ solo da sistemare e dosare seguendo i consigli di Felicia e Alessandra.

  6. Alla lettura della prima parte avevo intuito che ci sarebbe stato ben altro di quello che “sembrava trasparire” tra le righe (e che giustamente ha fatto ribollire il sangue “masculo” al buon Adriano). Onestamente lo prenderei come un amabile scherzo letterario (forse non del tutto voluto da Emanuela ma che pure io, confesso, mi sarei divertito a scrivere così). Plausibilità poca, ‘gioia’ accennata come da consegna, ma il gioco vero qui stava nello scarto narrativo finale. Comunque mi è parso “eroticamente” accettabile e complessivamente ben scritto(giudizio ovviamente da masculo il mio). Ringrazio inoltre Adriano per l’ottima definizione di come noi uomini amiamo mostrare i nostri animaleschi spoetizzati appetiti sessuali. Nel caso le donne non l’avessero ancora capito ;O))

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