E buon inizio 2013

Leggo con piacere i vostri commenti ai precedenti post, i vostri messaggi e i vostri auguri. I miei auguri – e quelli di MacAdemia – ve li ho già fatti ma ogni promessa è debito e quindi, è arrivato il momento di un nuovo racconto sulla gioia. Ad Alessandra Castelli e al suo brano “La casa gialla”, spetta il compito di traghettare questo sito nel nuovo anno. Le regole sono le stesse già adottatte per il pezzo di Adriano Canella: attendo i vostri ritorni e le vostre considerazioni. Buona lettura e soprattutto… buon 2013 a tutti!

La casa gialla, di Alessandra Castelli – Parte Prima

Paolo si alzò alle cinque in punto, aprì la porta che dava sul giardino, preparò la colazione e la consumò su un tavolino all’aperto. Amava moltissimo la propria casa e il giardino che Silvana, la moglie, aveva curato personalmente per molti anni. Alle sei in punto, l’uomo sparecchiò, bagnò i gerani e le ortensie, i fiori preferiti di Silvana, e poi rientrò in casa dove si lavò e si vestì dopo aver scelto attentamente gli abiti da indossare. Infine iniziò a preparare una seconda colazione, fece bollire il latte, vi ammollò il pane e lo sbriciolò lentamente con una forchetta. Alle sette entrò in camera, dove la moglie si era appena svegliata. La donna giaceva sul fianco con il lenzuolo tirato fin sotto il mento e una lunga treccia di capelli grigi le cadeva sul lato del viso gonfio e sformato dai farmaci.
« Buongiorno, tesoro, oggi ci sarà un bel sole e farà molto caldo. » la salutò Paolo, carezzandole una guancia e sfiorandole le labbra con un bacio. Silvana rispose con un sorriso ma i suoi occhi neri erano molto tristi mentre osservava gli spostamenti del marito all’interno della stanza. La sua corporatura, alta e asciutta, lo rendeva un uomo ancora molto attraente, nonostante avesse già sessantacinque anni e la donna pensò, per l’ennesima volta, che lui avrebbe potuto avere di meglio e molto di più dalla vita, anziché una moglie invalida come lei. Quando aveva provato a formulare questo pensiero a voce alta, però, lui l’aveva subito zittita e dall’espressione del suo viso, lei aveva capito che non avrebbe dovuto parlarne mai più.
Paolo uscì e rientrò nella stanza reggendo tra le mani un catino d’acqua tiepida e leggermente saponata. Scoprì Silvana e la lavò, frizionandola delicatamente, poi la voltò sull’altro fianco e infine la girò supina, sistemandole con delicatezza le gambe e le braccia. Alzò il letto finché la donna si trovò in posizione quasi seduta, si sedette sulla sedia accanto a lei e iniziò a imboccarla:
« Quando viene Gina vado a comperare le fragole, così ti faccio il frullato. Ah, guarda che oggi Gina si ferma un po’di più perché devo sbrigare delle commissioni, ma tornerò per pranzo. » le disse, asciugandole con un tovagliolo di lino bianco i rivoli di latte ai lati della bocca.
« Resta fuori. » rispose lei, a fatica, implorandolo con gli occhi.
« Ma nemmeno per sogno! A me piace mangiare con te, lo sai. » rispose lui, porgendole un’altra cucchiaiata della colazione.
Silvana voltò la testa di scatto e serrò le labbra per non inghiottire altro cibo. Per lei, paralizzata dalla testa in giù, questo era l’unico modo per esprimere la propria disapprovazione. Paolo posò la tazza e la abbracciò, sussurrandole qualcosa nell’orecchio finché la vide sorridere e solo allora riprese a imboccarla per farle terminare il pasto.
« Buongiorno Dottore, buon giorno Signora, posso entrare? » disse una voce dal corridoio.
« Vieni pure, Gina. » rispose Paolo.
Gina entrò con passo energico, portando con sé aria fresca e profumo di pulito.
« Come andiamo, Signora? Riposato bene? »
« Si. » rispose la donna senza guardarla.
Paolo aprì l’armadio e scelse la biancheria e l’abito per la moglie, poi, aiutato da Gina, la vestì e la pettinò con una cura quasi maniacale. Silvana era infastidita da tutte quelle attenzioni e quella mattina in particolare, ma i passi rapidi e pesanti sul corridoio le fecero cambiare immediatamente umore e la donna sfoderò un bellissimo sorriso alla vista del figlio Roberto.
« Ciao!» salutò questi in tono allegro, avvicinandosi alla madre per baciarla.
« Ecco i giornali, mamma. » le disse poi, poggiando le riviste su un tavolino.
« Hai dormito bene? Hai avuto dolori? » le chiese mentre lei rispondeva a fatica, sfinita dalla toilette mattutina.
« Mamma ora devo scappare, ma torno stasera. » la rassicurò stringendole una mano. «Papà mi accompagni, per favore? » chiese poi Roberto rivolto al padre e si congedò dalla madre con un bacio sulla guancia.
Quando furono davanti alla porta di casa, il viso di Roberto si fece serio:
« Papà , ma perché non vuoi che andiamo a vedere Villa Giulia? Lì la mamma starà benissimo e tu puoi rimanere con lei tutto il giorno. »
« Ne abbiamo già parlato Roberto.» rispose il padre infastidito. « Io e tua madre stiamo qui, dove siamo sempre stati. Lei è più felice così, ne sono sicuro. »
« E tu? »
«Anch’ io. » lo rassicurò.
« Ma come farai tra qualche anno? Occuparsi della mamma è molto difficile e tu sei già molto stanco, papà, perché non ne parli con la mamma? »
« Roberto, ho detto no. » ribatté Paolo, scandendo bene le parole. «Ora va’. E quando hai un attimo di tempo vieni con Susi e i ragazzi, che la mamma li aspetta. » lo congedò Paolo, dandogli una pacca sulla spalla.
Appena Paolo chiuse la porta d’ingresso, il telefono di casa squillò e lui andò a rispondere:
« Pronto. Le avevo detto di chiamare sul cellulare. » disse a voce bassa ma decisa.
«Se è spento, deve aspettare. Non mi chiami mai più a questo numero o non se ne fa niente. Arrivo tra dieci minuti. »
Concludendo la telefonata, Paolo diede un’occhiata a Gina per capire se la donna avesse ascoltato, ma lei stava pulendo le finestre della cucina e sembrava non aver sentito nulla.
« Gina, esco. Tornerò per l’ora di pranzo. » la avvertì.
« Dottore, ma quando le apre le altre stanze? Saranno piene di polvere. Poi c’è l’argenteria da lucidare e.. » chiese Gina avvicinandosi all’uomo per poter parlare senza essere udita dalla Signora.
« Lascia perdere l’argenteria, non riceviamo più nessuno e le altre stanze, finché stanno chiuse, non hanno bisogno di essere spolverate. Lo faremo domani, va bene? »
« Gesummaria Dottore! Sempre domani, domani ma quel domani non viene mai! » esclamò la donna asciugandosi le mani sul grembiule.
«Su, non pensare alle stanze, piuttosto taglia le ortensie e mettile in camera di mia moglie, poi falle compagnia.» le ordinò Paolo.
La donna notò per la prima volta che il Dottore aveva l’aria un po’ sciupata e le borse sotto gli occhi. Provava una gran pena per quell’uomo e quindi rispose addolcita:
« Va bene , Dottore. Ma lei si deve riguardare. Vada fuori e non pensi a nulla, che ci sono io con la povera Signora. » e uscì in giardino con un paio di forbici.
Dopo aver salutato la moglie, l’uomo scese in cortile, accese la macchina e partì. Guidò fino al paese vicino, entrò in un ufficio e ne uscì poco dopo, accompagnato dal direttore:
« E mi scusi ancora, Dottore, il mio impiegato, come le dicevo, è un neo assunto. Allora a domani, faremo tutto con la solita discrezione, vedrà! Buona giornata. »
Nonostante non fosse la prima volta, quando Paolo entrava in quell’ufficio si sentiva a disagio a causa dei modi melliflui del direttore ma, purtroppo, rappresentava anche l’unica via di salvezza . Finalmente un po’ sollevato, Paolo si avviò a piedi, entrò in banca, depositò l’assegno e poi risalì in macchina, guidando dolcemente verso il fiume, placido e invitante.
Intanto Roberto, chiuso nel proprio studio, continuava a pensare a quel testone del padre che voleva a tutti i costi fare l’eroe assistendo giorno e notte la madre. Nonostante le cure amorevoli di Paolo per farla apparire al meglio, i figli di Roberto si rifiutavano di vedere la nonna. Susi poi non era di nessun aiuto, anzi, l’unica sua occupazione era quella di spendere allegramente, e con grande rapidità, tutti i soldi che Roberto guadagnava. Roberto si sentiva stanco e irritato dall’atteggiamento indifferente di Susi, prima, e dei ragazzi, poi, ma non aveva né la forza, né il modo, di imporre la propria volontà perché, quando tornava a casa, ultimamente la trovava vuota. Un messaggio scritto in fretta lo avvertiva di raggiungerli da qualche parte, ma spesso si trattava di feste di persone con le quali Roberto non voleva avere niente a che fare. Lo squillo del cellulare lo fece sobbalzare:
« Sì, Gina, dimmi. Ah! E papà dov’è? »
« Gina ora non posso. Chiama papà. »
« Va bene, allora ci provo io. Ciao. »

Roberto chiamò il padre al cellulare per tutta la mattina ma risultava sempre irraggiungibile. All’ora di pranzo, finalmente libero dai clienti, uscì dallo studio e corse a casa dei genitori. Aprì la porta con le proprie chiavi e andò dritto in camera della madre, dove li trovò intenti a pranzare.
« Ma porc..! Si può sapere dov’eri? Ti ho chiamato tutta la mattina. » Protestò Roberto.
« Scusa ma avevo il cellulare scarico e non ho potuto avvisare Gina del mio ritardo. Mi spiace. Sei stato in pensiero? »
« Papà ascoltami bene, io non posso correre qui ogni volta che non rispondi al cellulare. E non è la prima volta, lo sai. Io lavoro papà. Lo capisci? »
« Sì, Roberto. Ho capito. Che fai? Mangi con noi? »
La stupidità di quella domanda, unita alla placidità con la quale il padre l’aveva posta, fecero imbestialire Roberto che si sentiva preso in giro proprio da quel padre che, per anni, era rincasato così tardi dal lavoro da non sapere quasi che faccia avesse suo figlio:
« No. Vado » rispose, e uscì sbattendo con violenza la porta di casa.

9 thoughts on “E buon inizio 2013”

  1. estremamente veritiero e plausibile tanto da commuovermi.mi ritrovo in sentimenti e situazioni che ho vissuto\ vivo anch’io.
    Si legge con piacere perchè scorrevole,ben scritto e con dialoghi che funzionano.
    Mi prende e attendo piena di aspettative la seconda parte.
    brava Ale!
    kitty

  2. Il tuo racconto me lo ricordavo bene.
    La lettura e’ scorrevole.
    La prima parte del racconto e’ molto descrittiva e puntigliosa tanto da rendere molto vera la situazione, anche se un po’ triste.
    Verso la fine della prima parte prende maggior “velocita'” rendendo piu’ accattivante il racconto.
    Ora e’ presto per esprimere un parere, aspettiamo il continuo.
    Per il momento direi bene

  3. Ho trovato i dialoghi scorrevoli e verosimili, interessante l’ambientazione descritta con scrupolosità. ciao Federica

  4. La descrizione di ogni dettaglio, minuziosa ma nella giusta e perfetta misura, prende moltissimo. La “vita” che si percepisce in queste poche righe, cattura e tiene stretto a sé il lettore. Drammatico nella sua semplice realtà, molto avvincente! Attendo con impazienza le prossime puntate!

    Felicia

  5. Alessandra mi prende per mano e mi conduce passo dopo passo nel mondo che ha creato.
    Un regista attento alle inquadrature: uscì e rientrò reggendo tra le mani….
    Nel leggere il racconto vedo e sento che sta per accadere qualcosa ed ecco il piccolo tocco della telefonata: le avevo detto di chiamare sul cellulare. Una piccola frase che mi lega al racconto. Continuo la lettura in attesa di trovare risposta al mio chi è che non deve chiamare a casa? e sembra soddisfare la mia curiosità con il dialogo con il direttore ma lascia le cose in sospeso per trattenermi nella sua rete, non svela al contrario mi cattura con un semplice “quell’ufficio”.
    Un buon inizio.
    cri

  6. Ricordo a tutti gli allievi del corso base I che martedì 8 gennaio inizia il corso base II “Scritture da vivere”. Vi aspetto e vi auguro un felice anno nuovo!
    Nb. Il corso è accessibile anche a chi non abbia frequentato le prime otto lezioni.
    Per info 3483829111
    Federica Castellini

  7. brava Ale hai descritto la prima parte in un modo pazzesco mi sembrava di essere li con loro hai fatto riaffiorare in me dei ricordi non piacevoli ma l amore che si sente nelle tue descrizioni scalda il cuore. Mi piace il tuo modo di scrivere semplice e avvolgente. Aspetto con ansia il seguito Rosanna

  8. Mando questo sollecito a quanti non sono ancora stati coivolti in questo strumento: dei racconti a puntate, perchè a mio parere è un ottima occasione di crescita.
    Per quanto mi riguarda ne ho tratto insegnamento e mi sono divertito un sacco. Per questo voglio ringraziare: Fabio, per averlo messo a nostra disposizione con questa impostazione che secondo me è perfetta. Ringraziare tutti i macademici che hanno dato il loro contributo, in particolare ad Alessandra che quando vedo la ringrazierò di persona e a Felicia che mi ha regalato il suo commento positivo.

    P.S= Il mio racconto è sostanzialmente un racconto che ho tentato di spingere verso una provocazione. Spero di non aver deluso Fabio nel rivelare che alcune situazioni sono tratte da fatti da me vissuti e da testimonianze da me raccolte, ma mi pareva corretto e doveroso dirlo anche per incentivare la discussione.

    Ora, sono impaziente di leggere il seguito di Alessandra come pure tutti gli altri racconti.
    Buon lavoro a tutti.
    Adriano.

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