Gioia 11 – Parte terza

Doverosa premessa. Anche per questo stralcio del testo di Adriano Canella – l’ultimo – valgono le regole introdotte per i precedenti. Quindi, in particolare, non è stato realizzato alcun editing per permettere a voi che lo leggerete di confrontarvi con quest’importante aspetto della scrittura. Commenti, suggerimenti e indicazioni sono – come di consueto – i benvenuti. Buona lettura.

Gioia 11, di Adriano Canella – Parte Terza

Erano le cinque del pomeriggio, quando parcheggiai la moto nella piazza di fronte alla chiesa. L’interno era buio e semivuoto, ed io mi avvicinai ad un signore che stava leggendo degli annunci su una bacheca:
– Mi scusi, dissi, sto cercando don Giovanni.
– Sono io, mi rispose, di cosa ha bisogno?
Gli spiegai allora che Damiano mi aveva indirizzato a lui perché a suo parere, era l’unico a potermi dare spiegazioni esaurienti su una certa vecchietta incontrata a
Medjugorje.
Lui si ravvivò e mi invitò a seguirlo. Entrammo in una piccola stanza dietro la sacrestia e mi fece accomodare di fronte alla sua scrivania. Dal cassetto, tirò fuori una foto e mi chiese: – E’ questa, la vecchietta?
– Si è proprio lei, risposi.
Don Giovanni allora, cominciò a raccontare:

– la prima volta che la vidi sul monte mi incuriosì certo, ma non le diedi molta importanza, poi ascoltando quei racconti sul suo conto, mi convinsi ad indagare.
Mi presi quindi un permesso, ed andai sulle sue tracce. Quando la rividi per la seconda volta, lei sembrava mi aspettasse. Mi chiamò, facendo cenno con la mano e mi fece sedere vicino a lei.
-E’ vero quel che si dice sul tuo conto? Gli chiesi. Sei proprio tu… Maria?
Lei mi fece un sorriso, ed annui.
Seguirono altri incontri, nei quali Maria mi istruì sul mio apostolato e mi regalò una piccola boccetta di acqua benedetta.
Don Giovanni la prese da sotto la scrivania, la stappò e me la mise sotto il naso.
– Cosa sentì? Mi chiese.
– Sa di rose, risposi.
Devi sapere, che è solo acqua santa, non è profumo, ed io che sono un prete esorcista sono anni che la uso, soprattutto sulle anime perdute. Dovresti vedere, l’effetto che fa su quei poveretti. Quando poi sta per finire, aggiungo acqua, la metto sull’altare e dopo averla benedetta, la lascio li per una notte intera ed al mattino, profuma nuovamente.
Poi, prese un’altra foto, vedi questa? Mi chiese.
Ero sul podbrdo durante un’apparizione, quando vidi un bagliore e scattai questa foto.
Io, la guardai attentamente, era scura con una luce in centro. In alto però, sull’angolo destro, si vedeva chiaramente il viso della vecchietta poggiato sul palmo di una mano che portava un grosso anello d’oro.
– Sembra un fotomontaggio, dissi.
– No, mi rispose avvicinandomi la sua mano, vedi il mio anello,
è lo stesso della foto, quella mano era la mia.
Pensa che un giorno, continuò, me la sono trovata sul piazzale davanti alla mia chiesa, era raccolta in preghiera e quando mi vide, fece cenno di tacere e poi sorrise.

Don Giovanni continuò nei suoi racconti e malgrado non riuscissi ancora a credere a quanto appena visto e sentito, ne fui ancor più stregato, tanto da sentire il forte bisogno di rivedere Maria.

Correvo in moto, a pochi km dal Krizevac, quando la vidi di sfuggita, era seduta su un masso ai bordi della strada, ed io frenai lasciando il nero sull’asfalto.
Tornai indietro e parcheggiai di fianco a lei, era vestita come al solito e teneva avvolto nella mano, un vecchio rosario in legno scolorito.
– Vuoi un passaggio? Gli chiesi.
– Si, mi rispose lei, col capo.
– Sei mai andata in moto?
– No, rispose lei, scuotendo la testa.
Ero emozionato e la aiutai ad alzarsi. La presi per i fianchi e la sollevai facendola sedere di traverso sulla sella. Mi sembrava di vivere in un sogno perché lei… era leggera come l’aria.
Eravamo una strana coppia io e Maria e la gente ci guardava passare incuriosita.
Mi fece parcheggiare di fianco alla chiesa e scese lei per prima, invitandomi a seguirla.
Trovammo due posti liberi di fronte all’altare dove lei mi fece sedere.
Stavamo lì, in silenzio, allora io le chiesi sottovoce:
– Come si fa… a vivere nella gioia come Vicka?
Lei non rispose, prese il suo rosario, lo chiuse dentro il pugno della mia mano e mi accarezzò il viso. Io abbassai lo sguardo per qualche istante o forse più e quando alzai la testa, Maria non c’era più ed io piansi, senza motivo.
Fu un pianto sommesso, ma profondo e liberatorio.
Durò a lungo ed io lentamente abbandonai tutte le mie pene fino a raggiungere uno stato di grazia che mi permise di capire l’egoismo della mia fuga riuscendo a perdonare Irene. In quel momento, non ero più io al centro dell’universo e mi sentivo parte del miracolo che è la vita.
Uscii dalla chiesa diverso, come rinato e salito in sella alla mia moto,
continuai il mio viaggio verso casa.

C’era già la luna accesa quando arrivai e suonai il campanello.
– Chi è? chiese il più piccolo dal citofono.
– Sono io, il papà, risposi .
Sentii un urlo di gioia e la porta principale si spalancò, facendo uscire la luce del soggiorno mescolata alla sua corsa.
Gli andai incontro, lui mi saltò in braccio e mi strinse forte.
– Dove sei stato papà, dove sei stato.
– Non avere paura, il papà non ti lascia più vieni, andiamo dalla mamma e da tuo fratello, ho tante cose da raccontarvi.
Gli altri due mi guardavano dall’uscio immobili, senza festeggiare. La cena era pronta e ci sedemmo tutti insieme. C’era però, silenzio più del dovuto e ancora una volta, non capivo.
Andrea è adolescente “pensavo” e si sarà sentito abbandonato, ma Irene, dopo averla trovata in flagrante adulterio, come faceva ad essere così fredda, senza il minimo imbarazzo.
Non volevo una scenata quella sera e cercai di scongelare la situazione raccontando la mia avventura, con passione. I miei figli ascoltavano con interesse mentre Irene continuava la sua protesta silenziosa.
Si fece tardi e accompagnai a letto i miei ragazzi, poi tornai da Irene che impaziente, mi aspettava.

– Come hai potuto andartene per così tanto tempo, lasciandoci da soli tra mille problemi? Mi chiese lei, sforzandosi di moderare i toni.
Incredibile pensai, ma le risposi con calma.
– Capisco che l’attacco sia la miglior difesa,
ma con che coraggio mi aggredisci dopo quello che è successo,
mi è caduto il mondo addosso sai e non potevo non scappare.
– Ma come puoi pensare così di me, disse lei piangendo.
– Ma dai Irene, come puoi negare l’evidenza, eri distesa sopra il nostro letto con lui sopra di te che ti baciava ed era… a petto nudo.
– Si, ma non è stato come credi e comincio a raccontarmi:
Tu sai come sto male in quei giorni e ti ricordi, di quella volta appena sposati, quando addirittura persi il respiro e svenni?
Tu, mi feci la respirazione bocca a bocca e poi schiaffeggiandomi, sei riuscito a rinvenirmi.
Io, ascoltavo confuso e senza parole.
– E se ti ricordi, l’avevi chiamato tu Stefano per quella perdita nel bagno e quella mattina, mentre sistemavo la nostra camera, ebbi lo stesso tipo di malore e nel cadere andai a sbattere la testa sul comodino. Stefano se ne accorse e pensando che tu non ci fossi, venne in mio aiuto, mi sdraiò sul letto, chiamò un’ambulanza e poi, vedendo che diventavo cianotica e perdevo sangue, si tolse la maglietta per tamponare la ferita e provò a rianimarmi con la respirazione. Ti vide mentre entravi all’improvviso, ma non poteva certo lasciarmi li e correre dietro alla tua fuga pretestuosa.

Irene poi, si alzo, prese dei fogli dal cassetto della credenza e li poggiò sul tavolo sotto il mio naso, erano i documenti del suo ricovero ospedaliero.

In silenzio andammo a letto e come sempre facevo, mi tolsi i vestiti e li poggiai sopra la sedia.
Presi però, la corona di Maria e la misi sotto il mio guanciale.
Sotto le coperte abbracciai Irene, ma lei “con delicatezza” mi colpì di gomito, togliendomi il respiro.
Mi girai, accontentandomi dell’amore oblativo di quel momento, d’altra parte pensavo, gli ultimi eventi erano tutto e il contrario di tutto.
Era meglio perciò dormire e recuperare un po’ di forze perché date le circostanze, al mio risveglio, avrei potuto anche volare.

15 thoughts on “Gioia 11 – Parte terza”

  1. Il racconto e’ finito.
    E non dico, il mio racconto, perche’ in realta’ questa storia andava scritta.
    Io, ho solo avuto l’onore, di potervela raccontare.
    Infatti, se vi dicessi che e’ tutto vero, mi credereste?

    Medjugorje 19 Giugno 1986
    “Cari figli, in questi giorni il mio signore mi ha permesso di ottenervi molte grazie. Per questo, cari figli, desidero invitsrvi di nuovo a pregare

  2. Scusate: messaggio incompleto.
    Lo riscrivo.

    Il racconto è finito.
    E non dico il mio racconto, perchè in realtà questa storia andava scritta.
    Io, ho solo avuto l’onore, di potervela raccontare infatti, se vi dicessi che è tutto vero, mi credereste?

    Medjugorje 19 Giugno 1986. ( Messaggio )
    “Cari figli, in questi giorni il mio Signore mi ha permesso di ottenervi molte grazie.
    Per questo, cari figli, desidero invitarvi di nuovo a pregare.
    Pregate continuamente, così vi darò la gioia che il Signore dona a me.
    Con queste grazie, cari figli, desidero che le vostre sofferenze diventino gioia.
    Io sono vostra Mamma e desidero aiutarvi.
    Grazie per aver risposto alla mia chiamata!”.

    Adriano.

  3. Caro Adriano sono d’accordo con te questa storia andava raccontata e condivisa. Attendiamo però l’editing dei tuoi compagni, chissà che non diventi ancora più commovente ed incisiva! Ciao Federica

  4. Non ho il tempo di lavorarci sopra quanto vorrei, però il racconto di Adriano, come quello di tutti coloro che hanno scritto il racconto, merita di ricevere delle osservazioni. Vorrei sapere, però, come si deve procedere: cercare di fare una specie ( nel mio caso ) di editing per ogni parte? Commentarlo in maniera generale? Attendo lumi metodologici 🙂
    Fabio non dire libertà completa! 🙂
    Alessandra

  5. Sin dalle primissime “puntate”, confesso di non aver nutrito particolari aspettative, data la mia rigidità nei confronti dei racconti religiosi in genere… Mi sono dovuta amaramente ricredere! Non mi sento di certo in grado di fare l’editing, ma vorrei ugualmente ringraziare Adriano per questo entusiasmante racconto!

    Felicia

  6. Chiedo scusa per: le virgole mancanti, l’uso spropositato della parola preoccupato e le domande relative poco chiare. Volevo dire che il protagonista deve essere preoccupato prima di esserlo ancora di più e che non si capisce il motivo di tale preoccupazione.
    Alessandra

  7. Inizio io a fare qualche osservazione sul racconto di Adriano e chiedo aiuto ai miei colleghi corsisti per aiutare, tutti insieme, Adriano.
    Parte I: incipit strepitoso grazie alla distonia. La punteggiatura va rivista perché le virgole nello scritto non devono rispecchiare le pause di lettura. Perché Samuele è “ancor più preoccupato”? Quando era semplicemente preoccupato? Perché è preoccupato? La motivazione da parte del protagonista di andare a Medjugorje non è abbastanza forte e il lettore se ne accorge. Va introdotto qualche elemento al riguardo.

    Parte II:
    Il protagonista non si dà pace immaginiamo i motivi ma forse andavano detti. Inoltre i nomi dei luoghi non bastano, va spiegato al lettore di cosa si sta parlando. ( vd Podbrdo e Krizevac)
    C’è una lacuna piuttosto evidente: si parla di veggenti e apparizioni ma il protagonista non ha emozioni e pensieri al riguardo.
    ” Veggenti!…” Pensai con disappunto: disappunto, a mio avviso, non è la parola corretta.
    Altro stacco netto che però il lettore percepisce come vuoto: dopo che il protagonista si meraviglia per lo sguardo del veggente, il racconto riparte con una cronaca. Ma il protagonista cosa pensa? Cosa fa?
    L’uso del nome Maria per indicare la Madonna: non è credibile che i fedeli la chiamino Maria e non Madonna.
    L’apparizione dovrebbe suscitare un’emozione enorme che va assolutamente descritta. Il lettore ci rimane male.
    “Io indietreggiai tra i brividi” lo stato d’animo va spiegato e i pensieri pure.
    Nel dialogo con Damiano il primo che deve parlare è Damiano perché è lui che si avvicina al protagonista e non il contrario.
    Damiano non ne vuole parlare in quel momento e in quel luogo perché c’è tanta gente? E come mai ne parla a pranzo? C’è un’incongruenza evidente tra l’affermazione di Damiano e l’avvenimento successivo. Allora vanno spiegati i motivi per cui Damiano non vuole perlare in quella circostanza specifica.
    Racconto di Damiano: Nel dialogo Damiano ha un atteggiamento infantile ( le volta le spalle) No e Niente come parole iniziali della frasi dette dalla Madonna, fanno parte del parlato.
    Va assolutamente amplificato il dialogo perché il lettore non capisce cos’è che colpisce Damiano. Lascia Damiano infuriato che si volta e non vede più la donna ma, a mio avviso, non basta a chiarire come mai Damiano segue il consiglio della Madonna.
    Quale mistero vuole risolvere il protagonista? Il lettore sa già che Maria è la Madonna anche se Adriano ha cercato di fuorviarlo. Il lettore non capisce di quale mistero si tratti.

    Parte III: In più parti si accenna ai racconti sul conto della Madonna ma Adriano non ne fa partecipe il lettore per cui il lettore rimane incuriosito dagli strani racconti senza ricevere soddisfazione. Don Giovanni parla di una circostanza che non ha nulla di incredibile: una donna che prega e gli fa cenno di tacere. Allungherei anche il dialogo sulla fotografia, il Protagonista è scettico o no?
    Ritorniamo così alla motivazione iniziale: perché il protagonista sceglie di andare in quei luoghi sacri? Cosa si muove dentro al protagonista?
    Un altro stacco forte è tra la corsa in moto e l’avvistamento di Maria : troppa cronaca senza emozioni che , invece, dovevano essere fortissime.
    ” … fino a raggiungere lo stato di grazia”
    Il lettore che non ha esperienza mistica non capisce cosa si intende per stato di grazia . Va spiegato assolutamente perché il lettore, magari un pochino scettico, non abbandoni la lettura. Il racconto sta terminare e quindi magari lo finisce , ma se fosse a metà rischia di mollare perché siamo di fronte a un evento grandissimo spiegato con una frase fatta che il lettore non capisce e rischia di vederla come una “propaganda” a Medjugorje ( passatemi il termine propaganda)
    Alla fine. il protagonista ascolta confuso e senza parole: perché?
    La spiegazione della moglie è assai poco credibile: il Protagonista, da come lo abbiamo conosciuto, è un tipo curioso, sanguigno e quindi appare poco credibile che scappi piuttosto che prendere a pugni l’idraulico. Deve esserci qualche segnale all’inizio del racconto che spieghi il motivo della fuga piuttosto che la scazzottata, oppure va cambiata la spiegazione finale. Seppur reale, non è credibile per il lettore.
    Termino dicendo che il racconto di Adriano a mio avviso è molto interessante, piacevole, godibilissimo, avvincente. L’unico limite è che è un racconto per “gli addetti ai lavori” e forse un lettore “non costretto” a leggere questo racconto, lo abbandona prima ed è un peccato. Io, personalmente, cercherei di dargli un’altra forma perché ritengo che questo racconto sia troppo importante e che vada letto da tutti.
    Spero di non aver fatto osservazioni troppo sceme. Grazie Adriano per averci regalato questa bella storia.
    Alessandra

  8. Per Felicia:
    Quando ho scritto questo racconto,speravo in un commento così. E ne sono stato talmente contento…
    Infatti io miravo, più che alla bellezza del testo in sè, ad una reazione come la tua.
    Per tanto ti dico: Grazie, Grazie anche da parte di Enos.

    Per Alessandra:
    hai fatto un grosso lavoro e te ne ringrazio.
    Ho letto con molto interesse i tuoi commenti.
    Certo che malgrado lavori tutto il giorno con donne non finirò mai di stupirmi delle vostre capacità di elaborazione e bisogna riconoscere che rispetto a noi uomini avete una marcia in più. Per il momento e data l’ora mi limiterò ai ringraziamenti con l’intenzione di studiare il tutto durante il fine settimana.

    Adriano.

  9. Ultime due osservazioni: il protagonista sembra sappia già cosa si intenda per stato di grazia cosa che, per logica, lui deve prima sperimentare uno stato emotivo particolare e poi riconoscerlo come ” stato di grazia”. Il lettore non può partecipare a questa esperienza del protagonista perché non riesce a immedesimarsi in questa particolarissima esperienza mistica. Inoltre i pensieri del protagonista sono troppo stringati e frettolosi e tutta la conclusione è troppo veloce, mancano dei passaggi emotivi e di riflessione del protagonista.
    Scusa se mi sono dilungata ma cerco di dare il mio personalissimo contributo alla tua storia.
    Alessandra

  10. faccio i miei complimenti ad Alessandra che ha svolto davvero un lavoro minuzioso e accurato di editing su cui concordo pienamente e , risparmiando tempo e fatica…non c’è più nulla da aggiungere : sono in vacanza mentale.
    buone feste a tutti
    kitty

  11. Finalmente ho avuto il tempo per dedicarmi al racconto di Adriano, non so se troverò le parole adatte per spiegare le mie impressioni, confido nella benevolenza dell’autore e di voi tutti.
    Confesso subito che l’argomento del racconto non è nelle mie corde, ma penso che la mia incapacità ad entrare nel racconto non sia dovuta tanto all’argomento quanto allo stile con cui viene narrato.
    Non sono in grado di fare un lavoro accurato come quello di Alessandra, sono un semplice lettore comune attratto da un titolo “Gioia”, ecco il mio primo ostacolo, il titolo mi crea un’aspettativa, quella di leggere qualcosa che mi emozioni, qualcosa che aldilà del contenuto riesca a farmi provare delle emozioni. Nel leggere il racconto mi frulla per la testa una frase usata nel primo corso: show don’t tell . La mia impressione è che nel racconto ci sia troppo di “raccontato” e poco di “mostrato”, mi mancano le percezioni sensoriali, non vedo, non tocco, non annuso, non riesco ad immedesimarmi nel protagonista. Ha un forte mal di testa ma non riesco a percepirlo, resto indifferente alle sue sensazioni. La stanza fatiscente come era? Cos’è per lui una stanza fatiscente? La parola maleodorante non riesce a suscitare in me una percezione olfattiva, forse l’odore di alghe imputridite o di pesce e sale sarebbe stato più evocativo?
    Sono piena di interrogativi:
    – non mi è chiara la funzionalità del sogno allo svolgimento del racconto;
    – se faccio un sogno lo sto vivendo in quel preciso momento, quale tempo verbale sarebbe più appropriato?
    – la “virata” dal mistico al bar sport: la moglie di Giorgio con il sacrestano porta a pensare che prima o poi ricomparirà la figura di Giorgio o quella del sacrestano;
    – la scoperta della statuetta mi sembra così casuale, e poi, basta trovare una statuetta per spingere una persona ad andare a Medjugorje? sento un vuoto di motivazioni;
    – apparizione straordinaria, non sono sensibile all’aspetto “apparizioni” , questa frase richiama in me “un’edizione straordinaria del telegiornale”; le altre apparizioni come sono? usuali? comuni? Se il portinaio, o forse portiere, dell’hotel sa già che il giorno dopo all’ ora x ci sarà un’apparizione straordinaria tutto mi sembra molto preordinato e per nulla straordinario, come se tutti i giorni alle 8 ci fosse la solita apparizione (edizione) ed invece oggi si sapesse già, non è chiaro per quale motivo, che domani per una comunicazione improvvisa ed urgente ci fosse un’apparizione ad un’ora diversa dal solito; (Quanto sono confusa nell’esprimermi)
    – l’uso del dialogo, non so spiegarlo ma mi sembra un po’ “rigido”;
    Un’ultima impressione, perdonami Adriano, la gioia dov’è? Nell’accontentarsi dell’amore oblativo? (come è lontano questo linguaggio da quello della situazione da bar sport dell’inizio). La gioia, quell’emozione che ti coglie improvvisa, fa accelerare i battiti del cuore, rende la pelle più percettiva, il fiato corto, le pupille dilatate, i colori più accesi, gli odori più penetranti, quell’emozione forte e passeggera dov’è, non la frequento molto spesso ma non l’ ho trovata nel racconto.

    Buon anno a tutti
    cri

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