Io non ci sto

Io non ci sto
di Adele Marini
Feltrinelli/Fratelli Frilli Editori
2014 – 286 pagine – 18 euro

Era molto tempo che non mi dedicavo alle recensioni dei libri. Per tanti motivi.
Sicuramente, alla base di questa mia scelta c’è stata una minima disaffezione e il bisogno – questo sì – grande, di riuscire a ritagliarmi un po’ di calma per farlo nel modo giusto: senza fretta e lasciandomi trasportare dalle parole.
Dato che il leggere occupa una parte importante – se non la principale – delle mie giornate, scegliere di distogliere altre ore dalle occupazioni quotidiane per prendere in mano un testo che non rientrerebbe, normalmente, fra quelli a cui dovrei dedicarmi è stata una decisione complicata da prendere.
Eppure l’ho fatto, ne sono particolarmente soddisfatto e probabilmente, lo rifarò. Anche a breve.

L’occasione mi è stata gentilmente fornita dall’amica Adele Marini che ha dato alle stampe, lo scorso anno, il volume “Io non ci sto” per Feltrinelli – che ne ha acquistato i diritti da Fratelli Frilli Editori –. Con il timbro “Le ombre del commissario Marino” stampato ben in evidenza sulla copertina, il libro si presenta come un giallo ambientato a Milano mentre, più propriamente, si tratta di una “Nonfiction Novel”, ovvero di una “DocuStory”. Come scrive la stessa Adele Marini nella sua “Avvertenza” a pagina 11: “Questo libro si avvale di ricerche storiche e giornalistiche molto accurate. La narrazione è tuttavia da intendersi opera di fantasia”. E naturalmente, “Ogni riferimento a fatti e a persone reali è puramente casuale”.

Il piglio documentaristico si intuisce fin da subito. Fin da quel titolo “Io non ci sto” che altro non è che un piccolo taglio del messaggio indirizzato alla nazione il 3 novembre 1993 – trasmesso a reti unificate – dell’allora Presidente della Repubblica Italiana, Oscar Luigi Scalfaro: “A questo gioco al massacro io non ci sto”. Eppure, quello stesso piglio così evidente e permeante, non limita minimamente la godibilità di una narrazione che si destreggia sapientemente tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere stato. Tra riferimenti storici precisi e spunti originali, di una trama che evolve da un capitolo all’altro obbligando, sapientemente, il lettore a continuare a immergersi in una realtà, quella italiana, che molte volte – forse troppe – risulta più romanzesca di quello che sarebbe lecito aspettarsi.

Gran parte del merito, oltre alla forza dei fatti narrati, va alla scrittura di Adele Marini: coinvolgente e pulita. Una scrittura che dopo un inizio, a mio parere, molto d’atmosfera e un po’ rilassato – in grado, comunque, di generare una notevole suspense – decolla piacevolmente nelle successive fasi dell’indagine per diventare veloce e travolgente, all’epilogo. Una piccola osservazione riguarda, invece, l’aspetto dell’editing – ma questo pertiene all’editore – che dal mio personale punto di vista sarebbe dovuto essere maggiormente tenuto in considerazione.

Un doppio grazie, dunque, ad Adele Marini sia per la godibilità del suo scritto sia per avermi invogliato a riprendere in mano questo aspetto – da me un po’ trascurato – della mia personale vocazione alle lettere.

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