L’ultimo segreto di Nietzsche

L'ultimo segreto di Nietzsche - Beppe Iannozzi - Cicorivolta edizioniUltimamente, è raro che mi dedichi alle recensioni dei libri. I motivi sono molti e fra questi, c’è anche una certa omologazione dei contenuti che non mi invoglia – come critico – a ripetere considerazioni spesso già fatte. Il nuovo testo di Giuseppe Iannozzi, “L’ultimo segreto di Nietzsche” – Cicorivolta Edizioni –, al contrario, mi obbliga a raccontare un approccio differente alla letteratura che, proprio per la sua originalità, mi spinge a riflettere sul ruolo che i libri possono e devono, avere oggi nel nostro contesto storico e culturale. Non serve indorare la pillola: “L’ultimo segreto di Nietzsche” non è un libro facile e di sicuro, può non piacere ai lettori occasionali o a quelli che cercano storie consolatorie o romanzi d’evasione.

Lo stile utilizzato da Giuseppe Iannozzi e il “cut-up”: una tecnica inizialmente sperimentata da Tristan Tzara – pseudonimo di Samuel Rosenstock, fondatore del Dadaismo – che consiste nel “tagliare fisicamente un testo scritto, lasciando intatte solo parole o frasi, mischiandone in seguito i vari frammenti e ricomponendo così un nuovo testo che, senza filo logico e senza seguire la corretta sintassi, mantiene pur sempre un senso logico anche se a volte incomprensibile.” Così come scrive l’autore – nella pagina dedicata alle citazioni e a fianco di una riflessione di Seneca – riprendendo la definizione di Wikipedia. Nel testo, quindi, si alternano elementi differenti: brani tratti di peso – e poi rielaborati, riadattati – da altri testi o dalla Rete; riferimenti a fatti veri o verosimili; personaggi reali, plausibili, mitici e mitizzati; simulacri senzienti e ragionamenti concreti; flussi di pensiero e riflessioni – etiche, religiose, sociali, filosofiche –; e molto altro ancora. La lettura, non facile, si scontra con cambiamenti di tempo, di prospettiva, di linguaggio e di argomento che obbligano il lettore a un incedere lento fra le diverse frasi e a un tentativo – destinato, forse, a fallire – di dare un ordine razionale al tutto; di riportare una logica all’interno di quello che pare un caos ma che si intuisce essere solo un diverso tipo di approccio al tutto. Alla realtà. E proprio in questo gioco culturale e filosofico – dove la conoscenza la si deve per forza amare – risiede la forza e il valore, dell’opera di Giuseppe Iannozzi. Certo, si può essere in disaccordo con alcuni concetti espressi dall’autore, si può scuotere la testa dinanzi alle teorie riportate e alle conclusioni che sembrano venire tratte ma, in ogni caso, si è obbligati a pensarci; a rifletterci sopra. E questo, è già un risultato importante da conseguire. La dialettica – il discorso a due con un se stesso altro o con un proprio simulacro fin troppo reale – diventa non il tramite della conoscenza ma il fine stesso della comprensione. Il riuscire a capire, se mai fosse possibile, chi siamo e perché lo siamo, passa anche dal sapersi porre le giuste domande. E sono proprio quelle domande, spesso inespresse, che catturano e conquistano in questo libro. Se non temete le sfide e non avete paura di mettervi in discussione, “L’ultimo segreto di Nietsche” è un libro che merita di essere letto.

8 thoughts on “L’ultimo segreto di Nietzsche”

  1. Sicuramente, Fabio, con la tua recensione hai solleticato la mia curiosità. Il libro é certamente singolare,solo mi domando quanti saranno in grado di affrontarlo e soprattutto di portare a termine la faticosa lettura,in barba al “decalogo di Pennac”? Dovrei fare i conti ancora una volta con la mia insicurezza e la consapevolezza di essere inadeguata a certe letture troppo ” intelligenti ” per me ma …passerò comunque in libreria chissà che il riposo estivo non mi abbia fatto bene!
    Kitty

  2. Cara Kitty,

    scrivi: “quanti saranno in grado di affrontarlo e soprattutto di portare a termine la faticosa lettura,in barba al “decalogo di Pennac”?

    Il decalogo di Pennac non mi è mai piaciuto granché, anche se alcuni punti mi potrebbero anche andar bene. Per come sono io, posso dire che non abbandono mai un libro: sarà per via del fatto che sono onnivoro e che la sete di conoscenza mi spinge sempre oltre le possibili difficoltà del testo.

    “L’ultimo segreto di Nietzsche” è un romanzo sulla filosofia. Certamente il lettore (occasionale o meno) può affrontare la lettura come se si trovasse di fronte a un “Pendolo di Foucault”, andando quindi a compulsare i libri citati e le leggende menzionate etc. etc., oppure puo’ leggere la storia punto e basta, senza porsi troppo domande circa i personaggi reali e quelli inventati o verosimili (come
    Absu Ismaily Swandy, una sorta di uomo dell’altro mondo, un mito, una leggenda della Torino esoterica, una sorta di Yog-Sothoth, divinità presente in diversi lavori di H.P. Lovecraft).

    C’è dentro tutto un mondo, perlopiù sconosciuto o poco conosciuto ai più; e credo sia questo il punto di forza di questo mio lavoro. Se lo leggerai, forse mi saprai dire. Nell’intanto ti ringrazio di cuore per essere qui intervenuta.

    beppe

  3. Caro Beppe,

    Ti ringrazio per avermi risposto personalmente e per avermi dato altri elementi che hanno risvegliato ulteriormente la mia innata curiosità . Sono attratta daiI libri che , come scatole cinesi, si aprono e rivelano vari piani di lettura .Sono una bella sfida anche perché offrono l’occasione per allargare le proprie conoscenze – almeno per chi vuole farlo- ma rimangono una lettura di nicchia.
    Con un pizzico di ” sana” invidia per te che hai evidentemente una preparazione culturale che ti ha permesso di scrivere un libro di questo tipo, ti auguro anche un buon successo di vendita. 😉
    Mi riprometto di leggere il tuo romanzo e di farti sapere cosa ne penso tramite questo sito. Ancora grazie
    Kitty

  4. Molto interessante la recensione di Fabio Fracas, io adoro la sperimentazione nel romanzo, quindi assolutamente da leggere, caro Beppe,”L’ultimo segreto di Nietzsche”

  5. Cara Kitty,

    ci mancherebbe soltanto che non rispondessi di persona. Non sono il tipo che se la tira, e a dirla tutta non mi piacciono granché quelli che si credono Zeus! 😉

    Sì, in un certo qual senso si potrebbe dire che il libro è una sorta di scatole cinesi. Come bene ha esposto Fabio Fracas il romanzo non è di quelli facili, né per gli argomenti trattati né per lo stile in parte mutuato da William S. Burroughs (basti citare capolavori come “Il pasto nudo”, “La scimmia sulla schiena”, “Le città della morte rossa”…). Bene è che dia indicazione che non trattasi d’un romanzo on the road o sulla falsariga della beat generation. E’ invece tutt’altro. Burroughs è il meno beat degli scrittori, pur essendo stato amico di Ginsberg e Kerouac e tanti altri ancora. Ci sono anche degli elementi di fantascienza, ma in una soluzione à la P.K. Dick (l’esponente maggiore per quanto riguarda i “simulacri”) e alcune cose un po’ à la Kurt Vonnegut. E’ un viaggio all’interno dell’universo più sconosciuto e più a noi vicino: l’uomo, la sua filosofia, la sua storia perché senza storia noi oggi non esisteremmo.

    Se vorrai leggermi e farmi poi sapere il tuo parere qui o altrove, te ne sarò assai grato.

    Grazie a te, per aver letto e commentato.

    beppe

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